10.04.2020 – In continua diminuzione la percentuale di raccolta differenziata nel Comune di Pulsano.
A dirlo è il Sistema Informativo Territoriale messo a disposizione della Regione Puglia a sostegno delle attività istituzionali degli Enti Locali, dell’attività dei professionisti e delle esigenze di conoscenza e trasparenza dei cittadini pugliesi, dove i diversi settori regionali che a vario titolo intervengono nel governo del territorio, ciascuno per gli ambiti e gli aspetti di specifica competenza, promuovono la diffusione di una base di conoscenza condivisa e certificata del territorio e delle sue dinamiche di trasformazione, indispensabile per garantire percorsi decisionali semplici ed efficaci, costruita in maniera integrata, gestita e resa disponibile attraverso un Sistema Informativo che è nel contempo portale di accesso sia alla banca dati territoriale e ai suoi continui aggiornamenti che ai servizi a carattere territoriale, assicurando la rappresentazione in modo unitario, coerente e cogente delle scelte di valenza territoriale connesse alla competenza di ciascun Servizio regionale.
Dati verificabili cliccando su questo link:
La norma statale (Decreto Legislativo n.152 del 2006) prevede altresì che ogni comune debba raggiungere annualmente una quota sempre più elevata di raccolta differenziata. Al 2012 essa doveva attestarsi almeno al 65% del totale.
Nel Comune di Pulsano non solo al 2012 non è stata raggiunto il 65%, ma è in continua diminuzione. Un trend negativo che dimostra tutta l'incapacità da parte dell'amministrazione comunale nel gestire la cosa pubblica e che non trova giustificazioni dato che nei Comuni limitrofi la raccolta differenziata viene effettuata con percentuali più che soddisfacenti.
Il Comune di Pulsano nel 2019 ha chiuso l'anno con una percentuale di raccolta differenziata con un media di circa il 15,26%, molto al di sotto della sufficienza (pari al 65%), mentre Faggiano è a circa il 77% , San Giorgio Jonico al 76,30% e Lizzano al 63,44%.
Sicuramente ciò deriva da un atteggiamento almeno colposo dell’amministrazione comunale che potrebbe ricadere in un danno erariale.
Infatti, l’irrazionale e dispendiosa organizzazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani determina un danno erariale.
Questo il principio espresso dalla Corte dei Conti, sez. giur. Calabria, nella sentenza n. 256 depositata il 10 dicembre 2015, con la quale sono stati condannati Sindaco e responsabile di servizio di un comune perché avevano disposto l’affidamento diretto del servizio a una impresa, che lo aveva reso saltuariamente, con notevoli disagi per la popolazione locale, in condizioni di carenze igieniche, oltre che a costi esorbitanti.
Il servizio disorganizzato, saltuario e diseconomico è stato finanziato con le imposte comunali, pertanto, i cittadini hanno contribuito all’erogazione di un servizio che è stato gestito dall’affidataria “nemmeno in condizioni di igiene e decoro del suolo comunale”.
La gestione del ciclo dei rifiuti (raccolta, trasporto, spazzamento e smaltimento) è un servizio pubblico locale di rilevanza economica, in quanto reso direttamente al singolo cittadino prevedendo il pagamento una tariffa, obbligatoria per legge, di importo tale da coprire interamente il costo del servizio.
La natura economica di tale servizio è stata confermata dalla giurisprudenza contabile (Corte dei conti Lombardia, del. n. 531/2012 e 457/2013) e dalla quella amministrativa (tra altre sentenze, si vedano Consiglio di Stato, sent. 1447/2011 e n. 2537/2012), oltreché dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Nel caso di specie, i magistrati contabili hanno ritenuto la scelta della giunta comunale di assumere direttamente la gestione del servizio, in precedenza affidato a una società mista di cui l’ente era socio di minoranza, illegittima, in quanto, tra l’altro, la gestione dei rifiuti non è materia lasciata alla discrezionalità del Comune.
L’articolo 200 del d.lgs. 152/2006 stabiliva infatti che “La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o)”.
Il Codice dell’ambiente, dunque, escludeva la competenza comunale, in quanto materia riservata agli A.T.O.
Inoltre, una volta reinternalizzato il servizio era stato affidato direttamente a impresa, che lo aveva reso saltuariamente, con notevoli disagi per la popolazione locale, spesso in condizioni di carenze igieniche, nonché a costi esorbitanti.
I giudici contabili hanno ritenuto responsabile del relativo danno causato al comune i sindaci che nei diversi anni hanno guidato l’amministrazione (2007-2012) e il funzionario responsabile della gestione del settore rifiuti, per non aver promosso alcun avvio di procedimento volto a sanare la totale illegittimità della reinternalizzaione del servizio disposta dalla Giunta in luogo della prosecuzione dell’affidamento alla società mista di cui il comune era socio.
La pronuncia in esame evidenzia la necessità di porre particolare attenzione alle scelte gestionali e giuridico-organizzative con le quali assicurare l’erogazione dei servizi pubblici da erogare a favore dei cittadini.
La gestione dei servizi pubblici ha subito negli ultimi anni numerose modifiche e l’attuale quadro legislativo di riferimento è costituito dai principi comunitari (par condicio, economicità, trasparenza e pubblicità) e dall’articolo 34, commi 20-27, del d.l. 179/2012 (fatte salve le normative di settore, specialistiche o attuative delle direttive europee) e dal “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale in attuazione dell’art. 19 della l. 7 agosto 2015, n. 124”.
Leggi la sentenza
CC Sez. Giurisd. Calabria sent. 256-15
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